Greenberg è un quarantenne newyorkese, rocker fallito, divenuto poi falegname, appena uscito da un brutto esaurimento nervoso. Sta cercando di riprendere pieno possesso della sua esistenza ma fa una gran fatica. Il senso di vuoto è devastante per lui, l'angoscia esistenziale sovente lo paralizza. E' un nevrotico, un timido e sostanzialmente un infelice. Greenberg rimpiange i Duran Duran e percepisce nei ventenni di oggi "una sicurezza che è terrificante"; vorrebbe confrontarsi con qualcuno che conosca il significato di agorafobia ma intorno vede solo giovani "sinceri e interessati alle cose", figli di "genitori perfettini".
C'è un po' di Greenberg in molti di noi, secondo me.
Forse è per questo motivo che si tende a perdonare al film alcune lungaggini di troppo e qualche arrotolamento su se stesso: Ben Stiller è molto bravo a incarnare i mali della modernità e noi spettatori, che ci piaccia o meno ammetterlo, intravediamo in questo film qualcosa di familiare, di malinconico e di molto autentico.
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