"Non c'è niente da fare, Michael Haneke è un regista che sa come disturbare la mente dei suoi spettatori. Da buon studioso di Freud, sa che l'orrore non necessariamente va fatto vedere (come nei suoi "due" precedenti Funny Games ), basta lasciarlo aleggiare, coltivarlo in vitro, darne presagio ed egli darà comunque i suoi frutti." Così inizia la recensione de Il nastro bianco, a cura di Roberta Ronconi.
Peccato di non poter condividere tale osservazione, almeno per quanto riguarda l'ultima opera del regista austriaco, che è appunto Il nastro bianco.
Tralasciando infatti l'aspetto del contenuto, del messaggio che si suppone Haneke voglia mandare (vi consiglio a tal proposito la recensione di Paolo Mereghetti sul Corriere della sera, Rassegna stampa Il nastro bianco ), la prima osservazione che mi viene da fare è questa: il principale difetto della pellicola è proprio la sua incapacità di disturbare.
Il film racconta le vicende di un villaggio nella Germania degli anni '10. Un paesino di campagna dove la violenza pervade ogni cosa. Visivamente è bellissimo, ma emotivamente parlando non lascia niente. Non c'è una sola immagine che disturbi, che ferisca lo spettatore, che faccia aleggiare quell'orrore di cui parla la Ronconi.
La mente umana si può disturbarla attraverso ciò che le si mostra o attraverso ciò che le si nasconde, come osserva intelligentemente la giornalista. Penso a una splendida scena di Amen, film di Costa Gavras, in cui l'atrocità delle camere a gas non viene mai palesata; lo spettatore, innanzi a una porta chiusa, può soltanto intuire quanto stia accadendo al di là. Non vede nulla (solo il protagonista può avvicinarsi allo spioncino della porta, la macchina da presa non ci si avvicina mai), ma immagina tutto. E questo basta. Penso ancora al bellissimo Funny games, di Haneke, appunto, dove la violenza psicologica supera di gran lunga quella fisica, concretamente mostrata sullo schermo.
Purtroppo Il nastro bianco non riesce a creare effetti similari: non colpisce veramente né con quello che fa vedere né con quello che nasconde. Scene che dovrebbero essere drammatiche risultano grottesche, talvolta quasi comiche. La freddezza estrema della narrazione impedisce qualsiasi coinvolgimento e alcune situazioni sono esasperate al punto tale da apparire innaturali.
Insomma, non so voi, ma io son rimasta piuttosto delusa: mi aspettavo di esser "torturata" e invece son rimasta impassibile (anzi, per poco in certi momenti non mi è venuto da ridere).
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