giovedì 24 marzo 2011

Il cigno nero

Ha gli occhi iniettati di sangue il cigno nero interpretato da Natalie Portman. Si muove sinuoso, leggero, sensualissimo pur nella sua scheletricità. Ha qualcosa di  oscuro, di demoniaco: rappresenta tutto ciò che il cigno bianco teme, ma latentemente anche spera, di diventare. La macchina da presa non lo molla un secondo, quasi fosse rapita da quel gracile ambiguo corpo sospeso per aria. Quel corpo capace di incarnare sia il cigno nero sia il cigno bianco, sia il candore sia la passionalità.
In effetti l'ossessione del corpo, della carne è cosa quanto mai comune (attuale, oggi più che mai).
La protagonista del film è ossessionata dal suo corpo: lo mette alla prova incessantemente (talvolta addirittura lo sfregia, in preda a vere crisi autodistruttive); lei vuole raggiungere la perfezione e il prezzo della perfezione è l'esercizio fisico portato alle estreme conseguenze, l'autolesionismo.
La madre, possessiva fino all'inverosimile, è ossessionata da quello stesso corpo, nel quale in fondo rivede se stessa. Lo vuole proteggere, ma finisce per reprimerlo, per soffocarlo.
Infine c'è l'insegnante di danza, il viscido e fascinoso Vincent Cassel, che fa di quel corpo la sua migliore preda. Lui provoca la giovane donna, la tocca, la agguanta, l'agita... cerca di scatenare in lei il fremito della passione. Le urla "balli come una frigida!" ma lei non replica. Soffre per l'umiliazione ma subisce in silenzio.    
Tutti quanti, spettatori inclusi, sono catturati dalla fisicità della Portman, dal suo fascino attrattivo-repulsivo, dalla profonda ambiguità di questo suo personaggio: prima timida e remissiva, tecnicamente eccellente come ballerina ma emotivamente fredda, sessualmente noiosa; poi spregiudicata e passionale, violenta e imprevedibile, un turbine di emozioni.
Sembra una diva degli anni '10 l'esile attrice: inquieta ed inquietante, pervasa da un malessere profondo che può portarla a compiere azioni inenarrabili. Sembra la protagonista di un horror gotico con tutti i crismi.
La vera diva, quella degli anni '10, appunto, vive tutto in modo estremo: recita a tutto corpo, raramente in primo piano, fa delle gran smorfie... prima è super-candida poi si lascia attrarre dal maligno e allora Dio solo cosa può succedere. Infine muore, di solito in avampiano, davanti allo sguardo attonito dei suoi ammiratori.
In questo caso siamo abbastanza lontani dalla raffigurazione dell'eroina gotica di inizio 900, ma certo qualche  similitudine permane.
Per concludere: l'ultimo film di Aronofsky è un film forte, estremo, che pecca forse per eccesso di metaforicità. E' un film che fa contrarre i muscoli e chiudere gli occhi, una di quelle opere che non lascia alcuno scampo ai suoi spettatori, deve stimolarli e sconvolgerli continuamente. Se cercate un momento di relax statene alla larga. Se siete in vena di un trhiller spicologico con sfumature quasi orrorifiche direi che è il film giusto per voi.

2 commenti:

  1. Assolutamente d'accordo. Comunque un film che non lascia davvero indifferenti, eh? E credo che l'Oscar sia stato strameritato per la Portman!

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  2. "un film che fa contrarre i muscoli e chiudere gli occhi" - condivido: io gli ultimi 40 minuti ero tutto in subbuglio!

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