lunedì 23 maggio 2011

Revolutionay road

Ci son certi film che andrebbero visti da soli, in silenzio. Bisognerebbe permettere loro di invaderci, senza paura delle conseguenze. Revolutionay road è uno di quelli. Un film che merita il silenzio e la solitudine.
C'è qualcosa di sottilmente angoscioso che pervade questo melodramma. Fin dai primi minuti si ha la sensazione che ci sia ben poco da star sereni. Accadrà qualcosa di tremendo. Si tratta solo di capire quando e come.
Il film si svolge negli anni '50, in un sobborgo del Connecticut. I protagonisti sono giovani, belli, pieni di sogni e di speranze. Apparentemente hanno tutto - una bella casa, due teneri frugoletti, un futuro radioso. In verità si sentono svanire lentamente, giorno dopo giorno. Più la loro condizione socio-economica migliora, più aumenta il divario tra i loro sogni e la loro realtà, tra le illusioni giovanili e il grigiore della quotidianità. Nell'America precostituita del boom economico non c'è spazio per sogni e aspettative. Tutto ciò che conta in una famiglia è che la casa sia sempre in ordine, la moglie sempre sorridente e il marito sempre in carriera. Il resto è retaggio fanciullesco, sciocca ingenuità, inutile perdita di tempo.
Non è facile digerire un film così. Nella sua perfetta compostezza - niente sbavature, niente eccessi nella recitazione, nessun abuso di metafore e visioni simboliche - è lucido e spietato.

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