lunedì 1 novembre 2010

Continuiamo così, facciamoci del male!

Ci sono cose nella vita che per alcune persone sono fondamentali, per altre inutili o peggio ancora dannose.
Per me, ad esempio, è fondamentale, ogni anno, avere quei pochi giorni in cui posso stare su un albero di olivo, a cinque sei metri di altezza, a coglierne i frutti. E' un albero monumentale, enorme. Per me da qualche tempo è diventata una casetta. Verso metà ottobre lui mi accoglie, diverse ore al giorno, e si prende cura di me, come io di lui. Non occorrono parole, lui mi vizia in silenzio.
Su quell'albero, a quell'altezza che per molti è fonte di terrore, io mi sento protetta, oserei dire spavalda - e pensate che a me il tasto spavalderia non lo hanno proprio costruito, è un difetto di fabbrica il mio.
I giorni in cui colgo le olive da quella pianta lì sono tra i più preziosi dell'anno per me. Sento che lassù non ho ansie, non ho pensieri, non ho timori. Lassù non mi raggomitolo, non mi tiro indietro, non mi rintano di fronte alle difficoltà. Sono padrona delle mie scelte. Mi godo la solitudine (pochi altri nella mia famiglia ci possono salire, per ovvie questioni di età e di massa corporea) e decido da sola cosa fare, dove spingermi e come muovermi. Quello è il mio territorio e io lo difendo gelosamente perché ne traggo grande beneficio.
Qualcuno leggendomi potrebbe pensare che son pazza, lo so. D'altronde non per tutti stare su un olivo è fonte di un simile benessere.
Ci sono cose, invece, che fanno bene a tutti, indistintamente. Non è un fatto di temperamento (c'è quello che ama stare sull'olivo e quello che ama fare gli aperitivi tra lo struscio), è un fatto e basta.
La cultura serve all'umanità. Vedere i film serve all'umanità, così come ascoltare la musica e andare a teatro. Coltivare la propria interiorità attraverso l'arte, di qualunque tipo e forma essa sia, è una cosa che fa bene. A tutti, non solo a chi ama gli olivi.
I recenti tagli al Fondo Unico per lo Spettacolo confermano la tendenza dell'attuale governo ad affossare la cultura. Evidentemente tutti sanno che un popolo più è grezzo più è controllabile. La domanda che sorge spontanea è questa: come reagire? Cosa fare? A chi e in che modo far sentire la propria voce?
Se qualcuno ha consigli, idee, suggestioni... si faccia avanti. Eugenio Montale, in una poesia dal titolo Non chiederci la parola scrive "Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo".
Ebbene, io invece ve la domando la formula per aprire nuovi mondi. Qui tutto va all'aria e io vorrei qualcuno che mi dicesse cosa si deve fare. Non voglio storte sillabe secche come un ramo. Voglio soluzioni chiare, semplici, immediate. Chiedo troppo? Può essere, ma voi comunque spremetevi le meningi. Se vi viene in mente qualcosa fatemi un fischio.

1 commento:

  1. non è facile rispondere. Intanto occupare il red carpet di Roma è stato già qualcosa. Si è scoperto così in tutto il mondo di questo taglio. Purtroppo nessun paese straniero ci aiuterà, ma l'importante è non abbassare la voce e continuare a protestare

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