domenica 29 gennaio 2012

Drive

Le case di produzione americane, in piena era "cinema classico hollywoodiano" (1917- 1960), quando dentro le sale cinematografiche si poteva fumare, utilizzavano un metodo curioso per capire se un certo film avrebbe sfondato o meno: osservavano dopo quanti minuti dall'inizio del film, gli spettatori si accendevano la prima sigaretta. Se la accendevano subito, il film avrebbe fatto fiasco; se invece necessitavano di qualche minuto prima di potersi rilassare fino in fondo e accendersi quindi la sigaretta, allora il film avrebbe avuto successo. Un inizio che tiene in tensione era indice, secondo loro, di un prodotto di indubbia qualità.
Ecco, se nelle sale ancora oggi si potesse fumare, dubito che chicchessia potrebbe mai accendersi una sigaretta guardando Drive. E non parlo solo dei primi cinque minuti, che incollano letteralmente allo schermo e impediscono quasi di prendere fiato, da quanto tengono in tensione. Parlo dell'intero film, costruito in modo magistrale per catturare l'attenzione dello spettatore e per mantenere i suoi nervi a fior di pelle.
Drive ha diversi elementi di forza, primo fra tutti, indiscutibilmente, il protagonista Ryan Gosling. Ryang Gosling (Alessandra Levantesi Kezich lo definisce "la scoperta dell'anno"; io modestamente l'ho scoperto nel 2007) è un attore dalla magnetica forza attrattiva.  Non è un uomo di una bellezza disarmante, di quelli con i lineamenti perfetti, come può essere un Johnny Depp o magari un Andy Garcia. Non è neppure il classico "tipo" alla Hugh Grant, o alla Kenneth Branagh,  di quelli non bellissimi ma infinitamente affascinanti.
Ryan Gosling va oltre: lui ipnotizza. Lo metti davanti alla macchina da presa e lui cattura il pubblico. Per certi aspetti inquieta, incute quasi un senso di timore con quel suo ghigno e quello sguardo gelido. Eppure, a prescindere da tutto questo, e anche a prescindere da cosa fa, cosa dice, chi guarda, perché... c'è poco da fare: se c'è lui in un'immagine è veramente impossibile distogliere lo sguardo dalla sua fisicità.
Ecco, se è vero che esiste una categoria della percezione chiamata  fotogenia (per alcuni teorici si tratta di una caratteristica intrinseca al mezzo foto-cinematigrafico; per altri è invece un elemento proprio degli individui, capace però di rendersi visibile grazie al cinema) Ryan Gosling è senza dubbio uno dei migliori esempi che il cinema ci offre in questo momento. Non è possibile definire a parole cosa lo renda magnetico. Semplicemente si constata che è così. Non è un fatto di bellezza in quanto tale, né di bravura (anche se indubbiamente è uno degli attori più bravi attualmente in circolazione). E' proprio un fatto di carisma, di naturalezza... è quel qualcosa su cui per decenni gli esteti si sono dibattuti. Non si spiega cosa sia, ma in Ryan Gosling c'è, su questo non ci piove.
Comunque il protagonista, come si diceva, è solo un elemento vincente del film. Senza dubbio il più importante ma non l'unico. L'ultimo film del danese Nicolas Winding Refn è uno straordinario mix di noir, film d'azione e gangster movie. Impeccabile sul fronte della suspense così come su quello del ritmo e dell'adrenalina, il film si distingue anche per una insolita capacità di studiare e approfondire i personaggi. E' un prodotto calibrato alla perfezione: dosa la violenza, l'azione, il romanticismo. E' una ricetta che non può stuccare.
Forse ha ragione Mereghetti, i silenzi dei suoi personaggi non sono necessariamente così carichi di profondità... forse un armadio chiuso non è necessariamente pieno di cose. E forse anche Drive, a conti fatti, è un armadio chiuso che dentro non si capisce bene che cosa abbia... però lasciatemelo dire... cazzo, è un grande armadio chiuso!

4 commenti:

  1. Anch'io amo gli armadi chiusi, e quello di Drive in particolare.
    NB: belli i tuoi commenti/recensioni, mi piace come e cosa scrivi!

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  2. Ti ringrazio, caro anonimo. Spero di poter leggere altri tuoi commenti in futuro (non necessariamente così lusinghieri, sia chiaro). E' sempre un piacere chiacchiera di cinema con la gente.

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  3. Son arrivato qui grazie al simpatico commento di Brick dose mortale. Film che malgrado il suo "citazionismo noir" mi è piaciuto parecchio. Quindi immergo la patatina nel ketchup con (quasi) piena soddisfazione.

    Tornando a Drive e la sua bellezza, se hai piacere prova a guardare "The man from Nowhere" (sottotitolato, anche sennò vedo difficile capirlo:). È un altro armadio chiuso forse un pochino più violento in certe parti... anzi aspetta... ascensore, testa...uhm... nono vai tranquilla.

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  4. Ciao, amante del ketchup sulle patatine, guarderò quanto prima il film che mi consigli e ti farò sapere. Grazie della dritta! Ne terrò di conto, anche se viene da un ketchupparo come te :-D

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